Vine alcune riflessioni (Eduardo H. Grecco) - Fiori per l'anima

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Antonella Napoli
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Vine alcune riflessioni (Eduardo H. Grecco)

macrolibrarsi un circuito per lettori senza limiti


Eccoci a VINE, penultimo dei Sette Aiuti approfondito attraverso le parole e riflessioni che il dr. Grecco ha pubblicato sul suo profilo Facebook ed io ho raccolto e tradotto. Stimoli e spunti per approfondire, riflettere e scoprire aspetti di questa essenza.

Quello che è emerso l'ho diviso in varie parti, cercando di darne un titolo che ne riassumesse il contenuto. Cliccando sul titolo potete andare a leggere direttamente la parte di vostro interesse, oppure leggere tutto l'articolo scorrendolo di seguito. Buona lettura! Antonella Napoli

Riflessioni su Vine

              



Vine: Capace abile, di successo e ….
C'e' qualcosa in VINE che genera sentimenti contrastanti. In parte, causati da una certa trasmissione dell'insegnamento di questo rimedio che è associato, quasi esclusivamente, con caratteristiche di dominio, tirannia, imposizione, coercizione, sopraffazione, intimidazione, manipolazione e persino psicopatia, invece di considerare il suo potente contributo al servizio disinteressato, tolleranza, rispetto dell'individualità propria e altrui, profondo spirito di giustizia, la sua grande capacità di leadership, sicurezza nel fare e la capacità di dirigere tutta la sua energia verso un obiettivo specifico.
  
Il primo commento di Bach su questa essenza, e la natura della sua corazza, (protezione conseguenza di una storia infantile, in cui la persona attuale da bambino ha subito una taglio delle sue aspirazioni, ed è stato orientato con coercizione a crescere in una determinata direzione, senza che si tenesse conto dei propri interessi), è almeno curiosa. Quello che Bach dice, al tempo, è questo: "questi pazienti sono molto particolari."
  
Lo dice forse per riferirsi al fatto che erano rari, insoliti, diversi dal comune, speciali, straordinari o visti raramente? Cosa ha impressionato Bach per fare questo commento così specifico e strano? È vero che, forse, si sentiva così e che le conseguenze di questo comportamento diventavano uno svantaggio comparativo quando si trattava di operare nel mondo con cui doveva interagire ma, se osserviamo la descrizione del quadro VINE che Bach fa quella volta, otterremo alcune risposte interessanti a questa domanda.
  
Ne "I Dodici Guaritori e i sette Aiuti", Bach espone una descrizione molto chiara di VINE: “ è tanto sicuro di sapere cosa bisogna fare, per sé e per gli altri, e di come dovrebbero farsi le cose, da diventare critico ed esigente. Desidera che tutto sia fatto a modo suo, e impartisce ordini a coloro che lo aiutano. Anche così, è difficile da soddisfare." questa immagine si rafforza in modo notevole, ma con alcune sfumature, in " i Dodici Guaritori e altri rimedi: " persone molto capaci, consapevoli dei loro talenti, fiduciose di riuscire. Essendo così sicure, pensano che sarebbe bene se gli altri si lasciassero persuadere a fare le cose come essi le fanno o come sono certi che sia giusto fare. Anche nella malattia, continuano a dirigere chi è al loro servizio. Possono essere di grande aiuto nei casi di emergenza."
  
Dal confronto di entrambi i testi emerge la struttura del rimedio: grande capacità (abilità, talento, intelligenza), sicurezza nelle loro capacità (ingegno, abilità), sicuri di ciò che è giusto, fede nel successo, amano imporre i loro punti di vista. Se traduciamo questo in tratti caratteriali diremmo: capaci, abili, di successo, rigorosi, leader. Ma in nessun caso è sul tavolo la questione dei valori. Questo significa che tutto dipende dallo sviluppo, nella persona, di una struttura interiore etica e intenzionale che farà in modo che questi modi di funzionare siano orientati in un verso o nell'altro: dispotismo o servizio, autoritarismo o rispetto della libertà degli altri. Le due parti in questo Aiuto sono come possibilità di essere e colui che si inclina a l’uno o all'altro o che oscilla da una parte all'altra dipende dalla cornice di valori che, da bambino, la persona ha incorporato nella sua vita.
  
Quando si legge in Bach che le persone VINE sono "... persone molto capaci..." ci si interroga sul significato del termine capace. Da un lato, si dice che qualcuno è capace quando ha le risorse, abilità e competenze per svolgere una determinato compito. E qui, ci mettiamo al centro del dibattito di quanto è una qualità naturale e quanto è acquisita, del gioco tra ciò che è innato e la formazione che riceviamo. Sicuramente l'educazione contribuisce a preparare talenti e certe cose si riescono a raggiungere nella vita attraverso l'apprendimento. Ci sarà una disposizione, ma l'esperienza è necessaria. Dall'altro canto, la capacità allude all'intelligenza, alla comprensione, all'acutezza di pensiero e al discernimento. In questo senso sono notevoli le doti mentali di VINE e il valore che dà al buon pensiero.
  
Detto ciò, tutti gli esseri umani hanno una gamma di potenziali di cui spesso non siamo nemmeno consapevoli. In effetti portiamo avanti una serie di attività senza tener conto dei talenti che mettiamo in gioco nel realizzarle. Tuttavia, in VINE ci troviamo davanti ad una persona assolutamente consapevole delle risorse personali disponibili nella sua vita per raggiungere gli obiettivi che si propone. E, per di più, è riuscito a interiorizzare queste capacità come un'abitudine.
  
Infine, per quanto riguarda la questione del concetto di capacità, è bene distinguere la capacità di diritto e la capacità di fatto. ROCK WATER, sente che la norma, il comandamento o la legge, è ciò che gli dà il diritto di esercitare un'azione, quindi la sua capacità è eteronoma [ndr Dipendente da leggi esterne], mentre, in VINE, il potere proviene dal suo interno: lui si sente capace, lui si autorizza da solo.







Vine: Quando abbiamo imparato a scrivere abbiamo imparato a….
Immaginiamo, per un momento, di tornare al periodo in cui abbiamo imparato a scrivere, quando siamo passati dallo scarabocchio al tratto.
Nello scarabocchio non c'è preoccupazione per la forma, la mano gira libera, facendo scorrere il suo motivo sulla la carta e alleviando la tensione del corpo e della mente. È un movimento che torna al suo punto di partenza, rilassando. Nel tratto, nella scrittura, tutto cambia. C'è un modello, una figura da imitare, un limite che contiene l'azione. E se gli scarabocchi si uguagliano gli uni con gli altri, le lettere sono costruite per differenza.
 
Così ognuno di noi ha il suo modo particolare di scrivere che esprime la sua personalità. La calligrafia, d’altra parte, aspira all’uguale, ad omogeneizzare i tratti di tutti e svolge una funzione di controllo. Il fatto è che, imparando a scrivere regoliamo la nostra condotta, ci adattiamo contemporaneamente ad uno spazio e ad una legge che si insedia, nel nostro mondo interiore, la credenza nel valore della parola scritta. Tanto quanto lo scrivere lega, la lettura libera.
 
Così, tutto ciò che accade nell'imparare a scrivere è carico di storia, emozioni e relazioni. Imparando a scrivere impariamo molto di più: impariamo ad obbedire ad una disposizione, a fare lettere esatte (comportarci bene), a non uscire dalle righe. Scrivendo con lettere esatte, sentiamo che i nostri genitori ci amano, ma tutto il contesto in cui questo accade non smette di essere un'esperienza VINE.
 
Come nella scrittura, impariamo a "scrivere" le nostre relazioni oscillando tra lo scarabocchio, le lettere e la calligrafia. È importante che siamo noi quelli che amiamo davvero quando amiamo e non che seguiamo i modelli che i nostri genitori ci hanno insegnato (calligrafia). Bisogna liberarsi dalla paura di non piacere gli altri o dal desiderio di cambiarli. L'amore non dovrebbe essere calligrafia ma una vera e propria lettera. Non importa se non è bella o è mezza illeggibile. Quello che conta è che è nostra. E se si tratta di scarabocchi, è meglio. Certo, i domanderete cosa significa tutto questo. Vi dico: OLIVE fa scarabocchi, VINE tratti.







Vine: La volontà
VINE, ha una forte volontà, un rapporto con il potere singolare e una notevole capacità di leadership operativa, dato il suo talento organizzativo e la sua chiara visione di come raggiungere risultati di successo. Ma un buon scopo è dato anche dalla sua eccezionale vocazione per la giustizia nel suo stile di relazionarsi con gli altri, a condizione che la sua brama di giustizia non diventi una causa che utilizzi per la vendetta o giustifichi l'uso di qualsiasi mezzo per ottenerla.
 
Come in VERVAIN e in HORNBEAM, in VINE, la volontà gioca un ruolo di primo piano. Ma così come in VERVAIN si riferisce all'impegno che si pone in progetti non personali e trascendenti, fino al limite del sostenere cause quasi escatologiche, e in HORNBEAM, invece, l'accento è posto sulla verve con cui si incanalano le cose della vita quotidiana, in VINE la dinamica volitiva si concentra su un diverso tipo di problema, che non viaggia attraverso la polarità illustre o quotidiana, ma che ha le sue radici nella fonte da cui proviene questa dinamica.
 
La domanda è, quindi, la volontà in VINE si nutre dell'anima o degli interessi egoistici della personalità? Nel primo caso, il risultato è una condotta altruista e disinteressata, nel secondo, egoista e gravida di smania di potere. Pertanto, in quest'ultimo caso, la corazza VINE invece di incoraggiare le persone che lo circondano si connette con la proprie natura e modi di essere, impone la sua volontà come una legge incrollabile.
 
È bene, qui, paragonare la persuasione basata sulla dolcezza propria di OLIVE, a quest'altra che finisce nell'autoritarismo e nella manipolazione. Allo stesso modo, vedere come in ROCK WATER la verità è sostenuta da un modello esterno che si tenta di soddisfare alla perfezione mentre, in VINE, la verità è un valore interiore della persona che cerca di imporre agli altri l’unico sentiero per fare le cose. E credo, in questa direzione, che, come nel ROCK WATER, parte del compito del VINE consista nel passare dal fare all'essere.







Vine: L’autorità
Viviamo in una società piena di violenza e forse questo è il frutto del bisogno compulsivo che incoraggia a creare e professare una cultura di controllo. Si valutano i risultati, l'efficienza, la crescita, senza rendersi conto che tutto ciò può essere realizzato senza sacrificare un supporto etico, l’evoluzione e la salute propria o altrui. Tale realtà si traduce nell’incoraggiare, in molte persone, la costruzione di un modo di essere autoritario, tirannico, oppressivo, dispotico, abusivo dominante e impositivo, in cui la sua sicurezza è fondata sul potere (denaro, forza, conoscenza, ecc.,... ) e non sull’amore, la giustizia, la saggezza e la compassione.
 
Così, VINE deve scoprire che per saper comandare bisogna prima saper obbedire all'autorità interna dell'anima e che il servizio incoraggiato dalla più profonda spiritualità è la condizione per essere un buon leader. "Quando tali individui cambiano la propria coscienza archetipa, non considerandosi più dei re che regnano, ma dei pastori che servono, la loro forza di volontà viene spiritualizzata e sono realmente in grado di fare del bene agli altri e alla Terra(Patrizia Kaminski)
 
Quindi un tratto centrale di VINE è l'autorità, il potente contatto che mantiene con la propria autorità interiore. Tuttavia, in modo abituale, manifesta questo dono in modo centrifugo. Voglio dire, cerca di estenderlo per imporsi su altre persone. In questo senso, VINE ha una qualità imperialista e dominatrice simile ad HEATHER. Ma in realtà quello che sta cercando di fare è aiutare gli altri guidando le proprie attività. Mentre VERVAIN cerca di incanalare il pensiero e CHICORY i sentimenti, VINE concentra la sua direzione verso le azioni delle persone. Questo lo rende un leader straordinario che eccelle in tempi di crisi, emergenze o estrema necessità grazie alla sua grande capacità, abilità e praticità nel risolvere i problemi e, soprattutto, per la rapidità nel trovare soluzioni e risposte.
 
L' essenza insegna un'importante lezione: la vera e reale autorità proviene dall'interno e, allo stesso tempo, trascende ogni persona. Bisogna rispettare il modo in cui ognuno porta avanti la direzione della propria vita e come realizza i compiti della propria esistenza. Rispettare il processo personale di ogni persona suppone di riconoscere che ognuno genera il proprio modo di formulare scopi, piani e raggiungere obiettivi. Quando questo non è presente accade, regolarmente, che la persona VINE si faccia carico in modo non consapevole dei lavori altrui. Allora, VINE ci aiuta a ritirarci e ripercorrere la strada che ci porta a interferire nella vita altrui ma, allo stesso modo, dà la forza di assumersi i rischi e le responsabilità quando questo è ciò che è conforme.
 
Non mi sembra ragionevole che giudichiamo un comportamento VINE per poi esserlo. È così. La clinica non è soggetta a una questione morale o estetica ma alla realtà. Una realtà, tra l'altro, che non è neutrale. Al contrario è intrecciata con finzioni, intersoggettività e miti. VINE qui si muove come un pesce nell'acqua. Sa cosa fare e non si mette in dubbio sulla sua natura, ma la usa a suo favore. Da qui arriva la sua capacità di raggiungere risultati, un talento proveniente dalla sicurezza che si alimenta dal suo interno.
 
È vero che, a causa della sua educazione infantile, è stato menomato dal crescere a proprio agio, ma questo gli ha dato un asse che lo sostiene con vigore e una disciplina che lo allontana dalla dispersione. Per questo, valorizza l'ordine anche se spesso diventa un trasgressore e un costruttore di nuovi spazi di potere. Così stanno le cose con loro. Stranamente criticati come rigidi e messi in causa come dogmatici, quando spesso sono solo accurati ed efficienti.
 
Nel mondo che viviamo dove essere uno "sformato” ideologico è chiamato "pragmatismo", avere principi fermi e un percorso chiaro nella vita, diventa motivo di invidia. Sì, ci sono persone che invidiano il comportamento VINE, perchè loro non hanno la necessaria fermezza per realizzare i propri sogni e interessi. E questo non significa che giustifico comportamenti dispotici e autocrati. Cerco solo di salvare le potenzialità di un fiore che, come Saturno, dà la struttura, come Urano è spesso incoraggiato da visioni e cupidigia rivoluzionarie e, come Giove, dal desiderio di una leadership che si eserciti senza limiti.







Vine: L’amore attraverso il corpo
Stavo quasi finendo il colloquio quando, in modo inaspettato, mi hai raccontato un sogno dove la sessualità nasceva dalla voce e dallo sguardo di un personaggio del tuo sogno notturno. Poi mi hai chiesto il suo possibile senso e, invece di interpretare il sogno, ti ho detto che entrambi quei sensi tendono a suscitare sensazioni, evocare ricordi e trasmettere promesse, al punto che, essere guardati o essere rivolti la parola da qualcuno, sono modi per cui ci sentiamo incarnati , desiderati, come qualcosa di significativo per l'altro.
 
Ti ho condiviso una cosa che penso: attraverso lo sguardo e la voce dell'altro, trasformiamo la singola anatomia in corpo e questo cambiamento è un'affermazione che colpisce positivamente la nostra soggettività. L'esperienza di essere toccati è profondamente necessaria, allo stesso modo o ancor più della nutrizione. Quando si accarezza, una persona si conosce e modella il corpo dell'altro, e al plasmarlo, modella, allo stesso tempo, il proprio corpo. È come se la carezza creasse un tessuto fisico condiviso nel sesso, che rigenera l'esistenza e dà motivi per avere speranza e cibo nutriente per l'autostima. Essere accarezzato fa crescere il sentimento di sicurezza, fiducia e benessere.
 
D'altra parte, lo sguardo, accompagna questi movimenti, giacchè scopre contorni, immagina spazi e accarezza l'intimità. Denuda la pelle psichica, rende visibile l'invisibile e, benché sia possibile che lo affrontiamo con vergogna, paura del rifiuto, inserisce anche un intreccio di richiami incrociati, messaggi che non possono esprimersi né dalla la pelle né dalla parola. Lo sguardo è una supplica dell'anima dove l'altro capisce ciò che il mio cuore dice di lui e di me, per cui non esistono termini che possano nominarlo. Così, come lo sguardo si sdraia sull'erotismo e sull'immaginazione, la voce lo fa sulla percezione e sulla seduzione. Lo sguardo apre orizzonti, la voce risveglia echi lontani dal passato.
 
Nell'atto di fare l'amore, si parla con i visceri e si ascolta con il cuore. La voce accompagna ciò che le emozioni producono, in modo che, essendo la voce piena della forza formidabile della passione, il corpo trema e l'anima sussulta, avvertendo che l'esito di un vetta orgiastica è possibile. Lì, dove tutte le barriere vengono cancellate, accade il miracolo per il quale ci sentiamo uno con l'altro e con l'universo.
 
La voce è la forza creatrice e la parola il seme. Seme che risveglia un archetipo primordiale e addormentato, che aprendo gli occhi conferisce, alla coscienza, il dono di poter far cadere i confini. La voce è la guida per l'altro verso la mia intimità, è l'eco del mio desiderio che va indicando i percorsi da percorrere fino ad arrivare a quel centro misterioso e abissale che, se toccato, trasmuta e cambia, la persona, in un essere diverso, privo di difese, vulnerabile e indifeso, disposto a dare ancora ciò di cui ignora l’esistenza. Il silenzio, in amore, parla sempre. Se non vibra, separa, e questo è il motivo per cui la voce unisce: perché è pura vibrazione. Se la voce non palpita, se non è carica di anima, è solo vento che sfiora il padiglione uditivo ma non penetra fino al midollo della persona. È che la voce, in una relazione sessuale, non si sente nell'orecchio, ma risuona nei genitali. Ci sono persone che sono miopi o soffrono di presbiopia emozionale in tutto ciò che riguarda il sesso, così come ci sono sordomuti sessuali.
 
L' analogia dà un'immagine di ciò che accade nell'anima quando queste zone e funzioni sono colpite. Il corpo è come un arcipelago di migliaia di isole che si vanno popolando attraverso le carezze, le voci e gli sguardi degli altri. Ogni parte del mio corpo che faccio mio, attraverso l'altro, è un tratto d'ombra che si fa anima, un pezzo d'amore che si fa vita.
 
Gli esseri umani hanno rinunciato all’amore vero, imparato nella creazione del corpo all'inizio della vita, sedotti dalla promessa di un'illusione spirituale che, in realtà, nasconde brama di potere e di controllo. Giustifichiamo i nostri errori amorosi dando la colpa alle ferite che abbiamo sofferto durante l'infanzia, senza notare che, in quel momento, parla il nostro bambino ferito e non quello che siamo ora. In questi modi, tradiamo l'amore.
 
Inoltre, lo tradiamo, quando rimandiamo l'esperienza piacevole o quando ci rinchiudiamo, ci induriamo o lo sentiamo inutile nelle nostre vite, o quando lo vediamo come qualcosa di impossibile da dare o ricevere o pretendiamo di controllarlo e che si muova secondo le nostre regole.
 
Tradire l'amore è tradire la memoria del corpo. Come impariamo ad amare? Quando eravamo bambini nostra madre ci ha provvisto di armonia (risonanza, comunicazione) e un contatto di pelle che non solo ci ha permesso di vivere ma ci ha portato all’inizio del cammino dell'amore. All'inizio della vita, la mamma è quella che capiva e dava soddisfazione ai nostri bisogni, ci ha accarezzato, toccato, protetto, nutrito e sostenuto. Per il bambino questo è amore ed è così che abbiamo imparato ad amare. Poi cerchiamo di fare dell'amore una questione mentale e quindi la vita reagisce.
 
Così, in questo contesto, l'amore, alla sua origine, è una questione corporea e tradire l'amore è tradire, anche, il corpo, perché la memoria di ciò che l'amore è, nelle nostre vite, è lì, ancorata nei nostri muscoli e nelle nostre viscere.
 
Si deve imparare, in questo tema dell'amore, tre cose importanti.
La prima è che bisogna lasciare che il corpo faccia quello che il corpo sa fare. Il corpo sa sempre prima che la coscienza lo scopra. Nel corpo c'è sempre la verità. La seconda è che nell'amore c'è quello che c'è, nulla può essere inventato: le finzioni finiscono, le fantasie si degradano. Per le invenzioni amorose si paga un prezzo elevato. Dobbiamo smettere di auto-ingannarci sull'amore, è un modo per allontanarci dall'esperienza e imbrogliare il cuore.
Alla fine, l'altro che amo, è uno specchio e un maestro nel mio processo di evoluzione. Mi mostra sempre quello che non vedo di me, appare sempre come un incontro per imparare. Amiamo per imparare a conoscere più di noi stessi. Nell'amore, attraverso l'altro, ci abbracciamo da soli.
 
Mi allaccio alle storie. A tutte le storie che mi raccontano. Non c’è altro modo per essere vicini, senza fare parte di una storia. La preoccupazione ossessiva dei terapeuti di provare il loro metodo e le loro tecniche, l'ansia di definire una personalità floreale e raggiungere una diagnosi, sono ostacoli nella mente del terapeuta, una barriera che impedisce loro di ascoltare, in modo empatico e amorevole, la narrazione del paziente.
 
Tanto rumore allontana la comprensione e anche se ci riempie di spiegazioni nulla di tutto ciò arriva quando si tratta di aiutare una persona che soffre. Entrare nella storia dell'altro è essere incluso come protagonista all'interno di essa, per fare dell'altro vicino. Ciò vale non solo per il lavoro terapeutico, ma anche per la vita quotidiana. Cari vicini, siamo tutti vecchi conoscenti che non ci siamo ancora presentati. OLIVE si unisce alle storie, VINE le spiega, WILD OAT le sperimenta.
 






Vine: Il labirinto delle relazioni. Dionisio
I labirinti sono esistiti in ogni momento e in tutte le culture. Sono un simbolo singolare che esprime un universo di significati. Tra l'altro, hanno una funzione di protezione; è uno spazio in cui si tratta di occuparsi di un centro che conserva un segreto. Arrivare al centro del labirinto ha le sue complessità perché, come nella vita, ci sono sentieri ingannevoli che possono farci perdere, sono pieni di incroci davanti ai quali bisogna scegliere una via o un’altra, come accade nella vita.
 
È un percorso di giri, confluenze e incroci attraverso i quali cerchiamo di arrivare al nucleo di noi stessi. Ma anche il labirinto, come la vita, è un mistero; e, i misteri, si sperimentano, mentre i problemi si pensano. Le relazioni sono un labirinto ma vogliamo vivere relazioni-problema o relazioni-mistero?, Sperimentiamo la vita o la pensiamo? Le relazioni sono un mistero, non hanno soluzione o risposta, quindi le devono sperimentare e non speculare su di loro.
 
Bisogna saper convivere con il mistero, bisogna saper sperimentare il mistero, vivere le relazioni; bisogna entrare in quel labirinto che sono le relazioni senza una mappa e pensando che l'unico filo che ci farà uscire dal centro del labirinto, come l'unico filo che ci porta fino ad esso, sono le emozioni, gli affetti, l'anima, la direzione intuitiva della vita. A chi non è collegato con la direzione intuitiva della vita, è difficile percorrere il labirinto, vivere l'esperienza di una relazione; può provare a conoscerla, può provare a pensarla, può anche provare a controllarla, ma non può sperimentarla. Ecco perché Teseo-VINE-Sole ha bisogno della guida di Arianna-OLIVE-Luna per poter entrare e uscire dal labirinto.
 
Arianna, donna abbandonata da Teseo e redenta nell'amore da Dioniso, (senza dubbio nel cambio ci ha guadagnato), era la custode del labirinto, un simbolo dell'ingresso agli inferi. E, proprio come Dioniso (associato al piacere) era lo stesso Ade (associato all’ombra) in veste terrena e, il vino, suo attributo, era equivalente al melograno infernale, così Arianna e Persefone erano la stessa persona .
 
Interessante questione che comporta significative conseguenze simboliche, tra le quali possiamo evidenziarne una: Ade era l'ombra del piacere e Dioniso il piacere dell'ombra. Se per un momento ci permettiamo il gioco immaginativo di posizionare OLIVE come simbolo di Persefone e Arianna, e VINE nello stesso ruolo come Ade e Dioniso, vedremo che, oltre alla dualità con cui si configura in ognuno dei due fiori, fatto di per sé già indicante, la stessa dinamica di piacere e ombra, ma ora strutturata nel fatto di concepire OLIVE come l'ombra di VINE e VINE come l'ombra di OLIVE.
 
Nella mitologia greca, Dioniso, figlio di Zeus, era il dio della vendemmia, della vinificazione, del vino, della follia rituale, fertilità, estasi religiosa e teatrale, illuminazione mistica, piacere, sessualità e epifanie e l'unico Dio dell'olimpo abitante  con una madre mortale e, come se non bastasse, liberatore (sotto la invocazione di Eleuterio), in particolare della sottomissione delle donne all'ordine patriarcale. Sotto questo aspetto il vino, la danza estatica e la musica, erano strumenti con cui il Dio induceva uno stato alterato di coscienza ai mortali, al fine di lasciare alle spalle la sottomissione al destino, la dipendenza dal sacrificio, la paura della solitudine, il rifugio nel rigore, angoscia e preoccupazione.
 
Ci sono molte versioni sulla sua nascita, morte e resurrezione ma, al di là delle differenze tra loro, la cosa notevole è il tema della rinascita, un evento che diventa il motivo per cui, Dioniso, è adorato nelle religioni misteriche, in quanto , la sua storia mette in scena il mistero dell'archetipo di morte e resurrezione nella sua essenza più pura. Quindi è possibile chiederci: qual è la differenza tra la morte e la resurrezione, VINE e OLIVE? Di che tipo di morti ognuno di questi fiori ci riscatta? Al momento di prescriverli, la risposta a questo interrogativo è significativa.
 
Dioniso era straordinariamente attraente. Il suo potere di seduzione era proverbiale. Tuttavia, non voglio soffermarmi sul magnetismo personale che fluisce nei gesti e nelle interazioni di VINE con le persone, perché mi interessa non sminuire un'altra questione, che, pur essendo legata al suo potere magnetizzante, punta ad un'altra sfera di significato.
 
Il mito racconta come Dioniso scende nel mondo di Ade per salvare sua madre Semele (una nome della Luna) e riportarla dal mondo dei morti ad un destino migliore. Qui si aprono due versioni. Una, che ha fatto sì che sua madre vivesse sotto il nome di Tione nell'Olimpo e, l'altra, che era stata messa tra le stelle.
 
È suggestiva questa svolta, perché la Luna convive tra le stelle. Il mito allude alla capacità di Dioniso di reintegrare in vita le anime che abitavano nell’oltretomba. Ma in quel viaggio di salvataggio di sua madre, Dioniso non sapeva come entrare negli inferi e ha chiese aiuto a Prosimno che acconsentì ad aiutarlo a condizione che avessero rapporti sessuali con il giovane dio come se fosse una donna. Il Dio accettò, ma al suo ritorno Prosimno era già morto. Dioniso, per onorare la sua parola, prese un ramoscello d'ulivo che trasformò in fallo, quindi lo mise sulla tomba di Prosimno e vi si sedette sopra.
 
In molto, questa storia ricorda la narrazione del mito di Osiride e Iside, del fallo rinato di Osiride per Iside e della connessione dei misteri di'Iside (la Luna) con quelli di Dioniso. Ma anche la presenza, per polarità, di OLIVE in VINE. Tuttavia, la questione centrale, che non bisogna perdere di vista, e che il mito illustra, è che VINE possiede la capacità di guidare il processo di emancipazione della nostra ombra dall’oscurità, con quell'energia che svolge un lavoro guaritore e salvatore. In questo traguardo non bisogna dimenticare che Dioniso è stato discepolo amato di Chirone, il guaritore ferito.
 
Da quanto abbiamo detto su Dioniso e il vino, emerge una naturale correlazione con Gesù e il cristianesimo, che molti studiosi come Friedrich Hölderlin, Friedrich W. Nietzsche, Mircea Eliade, e anche Carl G. Jung, hanno sottolineato, nel corso del tempo. C' è un interessante opera contemporanea, di Thomas Moore, che riprende l’aspetto dionisiaco ed epicureo che trasmettono i Vangeli e la figura di Gesù. Molto di questo confronto nasce dal fatto che entrambi gli archetipi, Gesù e Dioniso, si collegano al tema della morte e della resurrezione, ma ci sono altri elementi come la spinta al godimento e al piacere, che non dovrebbero essere negati.
 
Tuttavia, tutto questo legame non è una correlazione lineare, ma cercare di capire che tutti i caratteri che assomigliano e inscenano questo archetipo sono il risultato di una memoria dell'umanità, che si trova ospitata nelle profondità dell'inconscio collettivo e che affiora , continuamente, per ricordarci la rievocazione eterna della vita. Tuttavia, ci sono dettagli singolari che non possono essere ignorati. Il mito racconta che Dioniso, dopo aver stabilito il suo culto nel mondo, salì ai cieli e si sedette a destra di Zeus. Il Vangelo di Marco, 16,19, dice " Il Signore Gesù, dopo aver parlato con loro, fu assunto in cielo e sedette alla destra di Dio." Coincidenza? Forse come quell'altra che mostra che molto vicino a dove si dice che è nato Gesù c'era un tempio di Dioniso.
 
Comunque, tutto questo, anche se sorprendente, ci allontana un po', apparentemente, dalla clinica di VINE. Tuttavia, ho voluto insistere su questa linea con l'intenzione di recuperare un aspetto importante di questa essenza. Come ho detto, la madre di Dioniso era Sémele ma, non ho detto che questo era un altro dei nomi di Persefone. Quindi, in alcune versioni, la madre di Dioniso era la regina degli inferi. Certo, questo entra in contraddizione con l'altro racconto di una madre mortale ma, senza dover scegliere tra l'una o l'altra, è possibile considerare la significativa connessione di questo dio con il mondo dell'ombra. E, questo viene a conferma di un fatto rilevante della clinica di VINE: la sua capacità di indurre l’esplorazione sul nostro lato oscuro e rifiutato.
 
È singolare la circostanza che il Dio del vino in Grecia, Dioniso, fosse al tempo stesso il patrono dell'Alchimia. Tradizione che mantiene il cristianesimo con l'apostolo Giacomo, nome che deriva da Iacos, Bacco, denominazione romana di Dioniso. Senza dubbio il vino, la vite e l'uva sono simboli del lavoro alchemico. Infatti, tutto il ciclo della vite, uva e vino conservano una significativa simbologia legata al divino, mistico, trasmutazione e vita.
 
Basta ricordare quanti testi sacri parlano dell'ebbrezza dell'anima come una metafora per aver raggiunto uno stato estatico di connessione con la divinità. Così, come OLIVE si lega alla rigenerazione, VINE è legato all’estasi e alla salvezza. E, questo tema, occupa la funzione di liberazione e emancipazione della personalità, dei legami che gli impediscono di lasciare che la luce dell'anima la avvolga.
 
La narrazione biblica usa, a volte, il termine salvare e salvezza per trasmettere l'idea di liberare una persona da un pericolo o addirittura dalla morte e, in questo senso, è possibile trovare questo riferimento sia nell'Antico che nel Nuovo Testamento, come ad esempio nell’Esodo e negli Atti degli Apostoli.
 
Tuttavia, in ripetute occasioni il testo sacro utilizza "salvare" come liberazione del peccato ("Essa partorirà un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati ". Matteo, 1:21). Ora, come nel contesto cristiano la causa della morte è il peccato, le persone salvate o redente della loro forza di attrazione, riescono a raggiungere la speranza di vivere per sempre ("Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna.". Giovanni, 3:16) Dove dice peccato leggiamo, in Bach, errore, difetto.
 
Ma il punto che vorrei mettere sul tavolo come riflessione è un altro, e parte dal chiederci come si ottiene la salvezza? Che potremmo riformulare: come si realizza la guarigione? dato che, per Bach, il testo evangelico non è tanto un testo di salvezza quanto di guarigione: "Gesù guarisce". Dal punto di vista del Nuovo Testamento per raggiungere la salvezza (guarigione ) dobbiamo mettere la nostra fede in Gesù e dare testimonianza di questo obbedendo ai suoi mandati ("...sia noto a tutti voi e a tutto il popolo d’Israele: nel nome di Gesù Cristo il Nazareno, che voi avete crocifisso e che Dio ha risuscitato dai morti, costui vi sta innanzi risanato. " Atti 4:10 "... e reso perfetto, divenne causa di salvezza eterna per tutti coloro che gli obbediscono". Ebrei, 5:9 ) ciò si traduce, nel nostro sguardo floreale: quando la personalità si fida della direzione dell'anima e si conforma ai suoi mandati.
 
È indicativo che la Bibbia, segnali che è forzato che questa obbedienza si traduca in opere per dimostrare che la fede è viva e non solo con parole vane ("Vedete che l'uomo viene giustificato in base alle opere e non soltanto in base alla fede. Così anche Raab, la meretrice, non venne forse giustificata in base alle opere per aver dato ospitalità agli esploratori e averli rimandati per altra via? Infatti come il corpo senza lo spirito è morto, così anche la fede senza le opere è morta." Giacomo 2:24,26).
 
In questo contesto è possibile notare che le opere sono l'universo di VINE. VINE è il fiore che fa in modo che la fede abbia vita, che si traduca nell’azione. Naturalmente, questa proposta non implica che la personalità guadagni la salvezza solo per le opere. La salvezza è una "Grazia di Dio", un dono dell'Anima. ("Per questa grazia infatti siete salvi mediante la fede; e ciò non viene da voi, ma è dono di Dio;né viene dalle opere, perché nessuno possa vantarsene." Efesini 2:8,9) E, questi, i fiori della Grazia, sono il cosmo di OLIVE. Basta tornare al testo scritto da Bach a Marlow Bucks, per riscoprire questo insegnamento sulla dinamica di fede, opere e grazia.
 
(…) C' è una differenza di concezione tra il vecchio e nuovo testamento in relazione all'archetipo della vite. Nel Vecchio Testamento la vite è un'allegoria del popolo di Israele ("Portasti fuori dall'Egitto una vite; scacciasti le nazioni per piantarla" Salmo 80:8). Una comunità che era sotto la cura, protezione e amore di Dio . Tuttavia, questo patto si rompe a causa dell'orgoglio, della testardaggine, dell'idolatria e della disobbedienza continua in cui il popolo di Israele o i suoi governanti cadono. La conseguenza simbolica è che la vite diventa una vite selvaggia, che produce solo uva amare. A questo proposito è bene leggere la parabola della vigna, Isaia, 5, che illustra con precisione questo passaggio dal fruttuoso al desertico.
 
Nel Nuovo Testamento si produce uno spostamento da Israele a Gesù: “Io sono la vite vera e il Padre mio è l'agricoltore" (Giovanni, 15), una vite destinata alla celebrazione dell'archetipo della morte e della resurrezione. Dioniso, avrebbe potuto anche dire "io sono la vite" e sia Gesù che Dioniso, sono stati personaggi scomodi il cui scandalo rivoluzionario, li ha portati alla morte. Perché questo fiore genera così tanto rifiuto nel mondo floreale? Perché è così stigmatizzato? Proprio per questo: il lato riconoscente di VINE ci mostra una persona che, con la sua sete di giustizia (“Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati. " Matteo 5:6), mette in dubbio l'ordine violento, oppressore e sfruttatore della nostra società. Ma nel suo lato sprezzante si identifica con quell'ordine e lo sostiene. Prendere VINE ci mette di fronte a questi schemi che, in ognuno di noi, sono presenti come forme di potere sbagliate, manifeste o latenti.







Vine- Acqua, Vino, Ambrosia: Rock Water, Vine, Wild Oat
Come l'olivo, la vite era considerata, in molte culture, una pianta sacra che fa riferimento ad un insieme di relazioni simboliche associate all'Alchimia, Dioniso, estasi, prosperità.... e, il suo prodotto, il vino, sostituì l’ambrosia celestiale, la bevanda degli dei nei riti misterici. In realtà, la bevanda originale di Dioniso era proprio l'Ambrosia. Quindi, nell’Alchimia, un'altra versione della trasmutazione del piombo in oro è come dire "trasformare il vino in ambrosia". E, questo ha una implicazione significativa. Forse potremmo fare una successione per comprendere la portata di quest'ultima trasformazione del vino in ambrosia, che includa tre termini: acqua, vino, ambrosia.
 
Esiste qualcosa di più che una curiosa e sorprendente, scena evangelica in cui si verifica il primo miracolo di Gesù: trasformare l'acqua in vino. Tutti conosciamo la storia delle Nozze di Cana quindi voglio solo fermarmi sul dettaglio che riguarda il nostro percorso: il vino. L' acqua che Gesù prende per compiere il suo miracolo è l'acqua lustrale destinata ai rituali di purificazione. Questo è fondamentale, è come se Gesù ci dicesse che bisogna lasciarsi alle spalle disciplina, moralismo, forme, regole repressive, sacrifici, per aprirci alla gioia, al piacere e al godimento spiritualmente vivo, rappresentato dal vino.
 
Il percorso ROCK WATER allude al sentiero del celibato, della solitudine, dell'austerità, della durezza, dell’ascetismo ma anche della contemplazione. Invece, la strada VINE sceglie il piacere, la comunità, l’abbondanza, la benevolenza, il godimento e l’azione. Ma, anche a quel punto, VINE non è gioia piena. L'ubriachezza non è l’estasi, e il chiaro proposito che lo caratterizza non è illuminazione mistica. Per andare verso quella direzione, per raggiungere tale esperienza, è richiesta l'Ambrosia che WILD OAT fornisce. Non per niente, Demetra, la dea greca dei cereali, governava i rituali dei misteri degli Eleusi insieme a sua figlia Persefone. Lì Dionisio aveva un coinvolgimento significativo.
 
L' Unione del vino e dei cereali, che successivamente drammatizza Gesù all'ultima cena, con questo è il mio corpo e questo è il mio sangue. È che il Dio del vino e dell'Alchimia era lo stesso personaggio di Ade, in veste mondana. Il vino, invecchiato in botti di rovere, al buio, abbandonato nel tempo, acquisisce le qualità necessarie (fermenta) per diventare una bevanda inebriante che trasporta la vita, rallegra il cuore e si ferma nel fegato, la casa corporale di Ade. È come dire che il vino matura nell'ombra, in un seno di quercia. Vale la pena ricordare che, nell'arte dell'Alchimia, una quercia vuota (rappresentata qui dal barile) simboleggia l'immagine dell’Atanor [ndr termine usato in alchimia per designare un forno il cui calore serve ad eseguire la digestione alchemica]
 
Quando capiamo che VINE è un fiore che ci porta verso i profondi piaceri della vita, percepiamo il fatto che a volte dimentichiamo, che l'uva per diventare vino, viene distrutta e schiacciata, assistendo alla propria morte con una pressa o sotto i piedi delle donne in enormi botti, trasformata in succo, per poi fermentare quell'estratto in botti di quercia e per trasformarsi così, nel corso del tempo, in un liquido maturo, ha il potere di disturbare lo stato della coscienza di una persona, di cancellare i suoi limiti e far emergere quelle parti della sua anima e della sua ombra, fino a quel momento soffocate.
 
Tutto questo processo indica chiaramente come una metafora della clinica, la natura di questa essenza che produce un cambiamento radicale nella vita di chi la assume. Tale trasformazione consiste nel passaggio da uno sguardo e  un'azione egoista e impositiva alla pratica di una condotta basata sull'amore, la cura del prossimo e un atteggiamento collaborativo. Non è casuale che questo fiore si trovi, nel percorso di Bach, tra OLIVE e WILD OAT, che OLIVE gli abbia insegnato a lasciarsi alle spalle la credenza della necessità di disciplina e punizione della vita, proveniente da ROCK WATER, e che WILD OAT gli sta indicando un percorso dell'esistenza da percorrere, un sentiero assente dalla sofferenza e dall’angoscia, incentrato sulla piena accettazione della condizione umana.
 
Forse suona strano, ma VINE, contrariamente a quanto viene insegnato normalmente (ad eccezione di quello che ci dice Luis Jimenez, che salva il lato riconoscente di questa essenza) è un rimedio che riprende in ognuno di noi il lato epicureo, bello e piacevole della vita.







Dionisio e Ade, Vine e Agrimony
Karl Kerényi mi ha fatto scoprire un dio Dioniso completamente diverso da quello che conoscevo. A dire il vero, ho cambiato il mio modo di comprendere la mitologia e, tra le tante cose che ho imparato leggendo i suoi libri, una è che il Dio del vino e dell'Alchimia, era, con un altro nome, lo stesso personaggio di Ade. Singolare prospettiva che ci permette di apprezzare il fatto che l'ombra, quando si manifesta, non è in modo necessario fonte di sofferenza ma speranza di piacere.
 
Dioniso, finita la gestazione nella coscia di Zeus (con ciò che questo significa come zona del corpo dove si fonda la forza di avanzamento nella vita), sito legato alla Luna in Sagittario, retto da Giove (Zeus, padre di Dioniso) che in modo significativo corrisponde, come insegna Luis Jimenez, con AGRIMONY, incarna la mediazione delle polarità fondamentali dell'esistenza, dal fermento maschile: vita-morte, femminile-maschile, carnalità-spiritualità, personalità-anima, movimento-struttura, luce-ombra, luna-sole, affetto-cognizione, immanenza-trascendenza....

E come si collega tutto questo con VINE?
La clinica e la mitologia vanno di pari passo. Entrambi i campi individuano oscuri recessi dell'animo umano individuale e collettivo, e sono due modi che si integrano nel compito di comprendere le sofferenze delle persone. Così, per esempio, è molto caratteristico di VINE, la capacità di andare avanti nel cammino della vita con gli occhi ben aperti, tratto anche di Dioniso. Ma tutto questo crea interrogativi: qual è la relazione dinamica tra VINE e AGRIMONY? Mentre VINE gode del piacere senza perdere il suo centro, AGRIMONY è inghiottito da quello che può essere godimento ed è diventato compulsione; ciò che in uno è eccesso di sicurezza nell'altro è mancanza di questa.
 
Ma non tutto finisce qui. In clinica è necessario differenziare l'azione che fornisce l'equilibrio da quella che genera sintesi. OAK fornisce equilibrio, SCLERARANTHUS sintesi e, come conseguenza di essa, si genera proporzione nella persona. OLIVE, VINE e WILD OAT creano diverse sfumature nel loro incontro. OLIVE, somma, riscatta, rigenera, lega. WILD OAT, riconcilia, integra, sintetizza. VINE, media, arbitra, ricorda. Il loro lavoro di unione è come quello di un abile diplomatico che sa cosa è opportuno e possibile. Senza dubbio, i domini maschili e femminili non sono estranei a tutti questi comportamenti.







Vine - La pianta della vite e dell’olivo
(…) La vite ha bisogno di sole, acqua e un terreno sano che le fornisca una serie di minerali quali azoto, fosforo, potassio, calcio, magnesio, zolfo, ferro, boro, rame, manganese e zinco. Ma, oltre a questo ordine naturale, richiede l'aiuto umano affinché possa essere curata, potata, pulita, innaffiata e sorvegliato in modo costante. Il vignaiolo ha, curiosamente, il compito di impedire che la vite cresca liberamente. Al contrario, esercita un'azione modellante: la fa sviluppare in un certo e determinato maniera. Taglia le troppe foglie, pota i rami affinché i tralci crescano forti e diano alla luce un fruttuoso raccolto, toglie i rami secchi e persino taglia e riduce quasi fino allo stesso tronco con l'intenzione che i germogli nascano più vigorosi e diano frutti abbondanti.

In questo modo lavora VINE nella nostra vita.
  
Forse uno protesta e preferisce la morbidezza del fare OLIVE, ma ci sono momenti nella vita in cui questo è quello che ci vuole. La vite è come il vignaiolo, procede come un chirurgo.
Confrontiamolo ora con l’ulivo. Anche l’ulivo viene potato e ci sono tre tipi di potatura: formazione, produzione e ringiovanimento.
Nella prima, il lavoro è destinato a dare forma all'albero, ma questa procedura è attenta e non si forza, quasi nulla, la struttura dell'olivo.
Nella seconda, il lavoro è quello di togliere rami secchi e morti per far passare le giovani e produttive e contribuire a far entrare la maggior quantità di luce alla chioma dell'albero. Infine, l'olivo comunica la sua stanchezza, l’esaurimento e invecchiamento attraverso alcuni segni come pochi nuovi germogli di foglie, foglie di un colore spento o una povera fioritura.
  
È il momento di aiutare a ringiovanire l'olivo e questo richiede una potatura più profonda e ampia. Mentre il vignaiolo costringe la vite a seguire una certa direzione, mutilando il suo libero sviluppo, chi si occupa dell’olivo lo accompagna nel suo processo e interviene solo su richiesta dell'albero.
Sarebbe bello, che qualcuno con esperienza, ci parlasse del mestiere di panettiere per incorporare WILD OAT in queste riflessioni.







Vine - Vivere la coppia
Essere divisi in amore sembra essere un fatto abituale della vita. Tale fatto non fa parte del modo di essere della natura umana, ma di un modello culturale acquisito. Siamo, per disposizione, preparati per stare in "coppia", sia nella diacronia che in sincronia, ma siamo stati educati a limitare questa tendenza entro i limiti della "coppia". Questo scontro tra natura e regole culturali provoca un inevitabile conflitto di interessi opposti. La necessità di appartenenza sociale obbliga a reprimere il desiderio. La dinamica è semplice, ciò che la natura permette, la cultura proibisce.
 
Pertanto, finché l'ordine sociale manterrà le norme che lo organizzano in questo modo, la tensione tra il desiderio di multiplo e l'assoggettamento all'uno, continuerà ad esistere. Pertanto, non ha senso continuare a mettere energia in una lotta che toglie la felicità invece di godere della condizione meno nevrotica della coppia, condizione che consiste nel vivere le relazioni nella maniera che rende più felice ogni coppia.
 
Ciò presuppone una decisione etica condivisa in quello spazio e non l'adeguamento ad una morale universale esterna e quindi la creazione di una visione non valutativa e inclusivo sui modi di amare e legarsi che ogni coppia costruisce nella sua storia. Ciò non significa proporre di lanciarsi in relazioni parallele e ovunque, ma solo di non soffrire quando il desiderio di questo affiora. Ciò che ognuno fa con i suoi affetti è una questione personale solo limitata dal presupposto di non danneggiare l’altro con azioni o omissioni. Tuttavia, la lealtà verso i modelli familiari ci rende traditori della nostra natura e finiamo, talvolta, a danneggiare l'altro e noi.
 
Essere onesti è buona cosa, cominciando ad esserlo con i nostri desideri. L'ordine della coppia si basa su questo: l’onestà intorno a ciò che si desidera. Così come il matrimonio si fonda sul dovere, la coppia nella sua assenza. La contraddizione tra coppia e matrimonio è una polarità riconciliabile all'interno di ciascuno. Gli esseri umani lo fanno diventare straziante e quell’umore ci rende infelici.
 
VINE è amante di uno, WILD OAT di molti. Da parte sua, OLIVE, rigenera l'uno nel multiplo e il multiplo  nell’uno. Ci fa capire che la coppia è quello spazio d'amore, magico e miracoloso, dove accade quello che non abbiamo mai pianificato. VINE porta, in quell'angolo dell'anima, l'asse che ci impedisce di perderci nell'algebra dei sensi.







VINE in sintesi
Penso che sia il momento giusto per chiudere questo viaggio attraverso VINE. Come VERVAIN sono personalità con una attitudine alla leadership, naturale sicura, vigile, ambiziosa, con autorità reale e con una sorprendente capacità di gestione operativa. Molte volte, dietro la sua facciata esterna, nascondono insicurezza, e questo è il motivo per cui la gestione di VINE tende a suscitare emozioni LARCH. Come ROCK ROSE, VINE è un buon rimedio per le crisi, avversità, disastri e disavventure. Ma, mentre il primo si poggia sull'aspetto solidale dell'aiuto, VINE cerca di risolvere il problema in modo efficiente.
 
È possibile immaginare che la rivoluzione cognitiva dell'homo sapiens sia stata una rivoluzione VINE in molti aspetti circa l’adeguatezza, in quanto è riuscito a diventare l'apice della piramide alimentare anche se non era il più forte, né il più resistente, ma comunque ha trovato il modo di farlo. Senza dubbio questo lo fa guardare sotto la luce del suo carattere predatore che si rivela nel modo in cui trattiamo la natura e come trattiamo gli esseri umani tra di noi. Siamo cresciuti in efficienza, ma non necessariamente in valori. Abbiamo costruito una società senza anima.
 
VINE aiuta a riavvicinarci con l'anima, ad ammorbidire i deserti del materialismo in cui ci siamo immersi senza perdere con questo l'operatività di cui abbiamo bisogno per andare avanti. Ma non andare avanti in un modo qualsiasi, ma in modo amorevole, solidale e rispettoso della dignità altrui. Vediamo una metafora del corpo che illustra questo punto. La persona con la corazza VINE è di solito affetto da ipertensione arteriosa essenziale. Al sangue viene negato l'accesso alla periferia e quei tessuti potrebbero necrotizzarsi e morire senza l'ossigeno e le sostanze nutritive che trasporta. Di fronte a ciò il cuore assume il compito di compensare questa disfunzione pompando di più, sforzandosi di più a spese della propria salute.
 
OLIVE, prova delicatamente a convincere i capillari a rilassarsi e a ricevere il sangue, ma VINE, invece, vuole imporre a modo suo, ciò che ritiene giusto e opportuno. "Tu resisti, io faccio più forza". Ma c'è un tentativo generoso da valutare e non ignorare. Un modo sbagliato di amare, forse, ma comunque amare. Un intervento necessario che cerca di riparare. Forse, un archetipo VINE può essere "l’arrangiatore pratico dei problemi" ma la sua sete di giustizia permette di avere su di lui uno sguardo più caritatevole. Per me VINE, è un diletto VINE. Come Dante Alighieri, penso che " il vino semina poesia nei cuori." e, in tal senso, VINE possiede la capacità di generare bellezza nella sua parola e con quella bellezza moderare il suo stile diretto, spesso cullato nell’eccesso di fermezza.




Scritti tratti da https://www.facebook.com/eduardohoracio.grecco   17/2/18
Liberamente tradotto da Antonella Napoli - Le parti in neretto, i titoli e la formattazione e le immagini non sono dell'autore, ma le ho inserite per una più veloce e scorrevole lettura


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La floriterapia non è una terapia medica, non costituisce diagnosi e cura medica e non la sostituisce in alcun modo. Le essenze floreali non sono farmaci e non hanno alcun effetto biochimico sull'organismo, ma agiscono solo sugli stati d'animo a livello emozionale in quanto non contengono particelle attive. Tutti gli esperimenti di autocura, interruzione o di riduzione arbitraria del dosaggio di farmaci prescritti, condotti al di fuori del controllo medico, ricadono esclusivamente sotto la responsabilità di chi li effettua.
Dr.ssa Antonella Napoli, Psicologa e floriterapeuta, P.I. 001355428886 Iscrizione OPL 16607
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