Studio dei disturbi cognitivi e d'ansia nella SM (2011)
STUDIO SULLE PROBLEMATICHE DELL’UMORE, EMOTIVE E COGNITIVE NELLA SCLEROSI MULTIPLA
Antonella Napoli
La Sm è una malattia complessa e multiforme: ogni caso è diverso da un altro nella sintomatologia, nelle risposte al trattamento ed in come si svilupperà la malattia negli anni. A causa della sua struttura autoimmune viene distrutta la guaina mielinica in diversi punti del SNC (cervello e midollo). Il punto danneggiato (la lesione), porterà un diverso sintomo nel corpo che va dai disturbi motori, sensoriali, visivi, alla fatica, alla coordinazione, a disturbi urinari e intestinali, sessuali, sintomi dolorosi ecc. E sintomi cognitivi e dell’umore.
Il lavoro presentato nella tesi si concentra su questi ultimi che sono stati approfonditi solo di recente. Fino alla fine degli anni '80 si pensava che i disturbi cognitivi fossero presenti solo nel 5% dei pazienti, che apparissero tardi nel corso della malattia (dopo 15 anni) e fossero proporzionali alla sua gravità.
Ora si sa che le disfunzioni cognitive ci sono nel 45/65% dei pazienti, non c’è relazione con la gravità della malattia anche se la forma progressiva è quella a rischio maggiore. Nella forma RR invece i sintomi peggiorano con le ricadute e nei periodi di forte stress e migliorano in remissione e solitamente il loro peggioramento è lento rispetto ad altra sintomatologia.
Per quello che riguarda i sintomi dell’umore, attualmente è più studiata la depressione rispetto ad altre problematiche come per esempio l’ansia. Le percentuali di depressione appaiono molto alte nella malattia, ma dalla letteratura emerge che non può essere sempre dovuta alle lesioni che si trovano in aree specifiche, e peggiorate dagli effetti collaterali di farmaci. C'è anche una modalità reattiva della depressione dovuta alla non possibilità di adattamento procurata dalla malattia. Bisogna ricordarsi che la SM oltre a non essere guaribile o trattabile (non esistono ad oggi cure) non porta alla morte, ma ad una vita in cui mano a mano si perdono funzionalità, capacità fisiche, autonomia, che sono continui lutti mai definitivi, ma che si ripropongono continuamente. Inoltre, se anche si supera una ricaduta non si sa dove la malattia colpirà la volta seguente e se i sintomi rientreranno.
Ho costruito un questionario online da auto-compilare che ho inserito in questo sito nella parte che parlava di SM. Con questo questionario volevo sondare prima di tutto l’ansia e la depressione. Per questo ho usato il questionario HADS (Hospital Anxiety and Depression Scale, Zigmond-Snaight), nato per la valutazione dell’ansia e della depressione nell’ambito di sale d’aspetto ospedaliere. Molto utile perché oltre ad essere veloce, evita che i punteggi siano influenzati dalla malattia, quindi esclude manifestazioni relative a disordini fisici (capogiri, affaticamento, insonnia che fanno parte della sintomatologia legata alla SM) e psicotici.
Per la parte dei disturbi cognitivi, non potendo somministrare con la modalità online dei questionari che misurassero le capacità reali, ho strutturato delle domande che cercassero di esplorare la percezione soggettiva di problemi di memoria. Anche perché se i disturbi cognitivi e dell’umore sono sempre stati messi in secondo piano rispetto agli altri disturbi, sicuramente possiamo pensare che siano meno visibili ed invasivi, ma probabilmente anche meno percepiti dai soggetti che restano più preoccupati per altro tipo di sintomi.
In questionario è rimasto online circa un mese e mezzo, hanno risposto 202 persone di cui poco meno della metà malati di SM. Sicuramente i risultati hanno dei limiti da prendere in considerazione dovuti al fatto che era su internet: la maggior parte dei rispondenti è stato donna, tra i 26 ed i 45 anni, abitante al nord Italia, con un titolo di studio medio/alto.
Per quello che riguarda i malati la maggior parte erano a meno di 5 anni dalla diagnosi e a meno di 2 anni dall’ultima ricaduta. Questo già può darci la fotografia di malati che usano siti che parlano di SM dove l’esigenza sembra maggiore in situazioni vicino alla diagnosi ed al riacutizzarsi della malattia.
Un altro dato importante è il fatto che è risultato che più del 20% dei malati non prende alcun medicinale e un 10 per cento prende solo medicinali per arginare i sintomi che mano a mano che emergono.
Per quello che riguarda i dati emersi per la percezione soggettiva dello stato della memoria, è emerso che i malati hanno una percezione problematica o danneggiata della memoria sono molto maggiori rispetto ai sani (51% contro il 29%). Quando guardiamo i dati stratificati per le persone affette da SM che hanno risposto al questionario, possiamo vedere che tra quelli che assumono farmaci chi prende il Copolimero ha maggiori problematiche (però tra gli effetti collaterali del farmaco troviamo agitazione, stato confusionale, amnesia, sonnolenza). Ma non possiamo attribuire solamente ai farmaci questi problemi perché anche chi non assume alcun medicinale ha percentuali che superano il 50%, quindi un farmaco può compromettere ulteriormente un danno già provocato dalla malattia. Inoltre la percezione della memoria danneggiata è direttamente proporzionale ad una ricaduta recente (entro i 2 anni). Chi ha avuto ricadute più lontane ha una minore percezione della problematica legata alla memoria che probabilmente ha un calo in situazioni di stress acuto (la ricaduta). Dopo i 2 anni normalmente la ricaduta è rientrata, piuttosto che non è più in fase infiammatoria, e possiamo notare come diminuisce la percezione della problematica. La forma progressiva dove c’è un lento degrado si stabilisce a metà, sempre con percentuali intorno al 50%.
Eppure, come è emerso in letteratura, non c’è una diretta relazione con la durata della malattia. Possiamo vedere come i problemi legati alla percezione della memoria aumentano fino a 10 anni dalla scoperta della malattia, ma poi diminuiscono fortemente. Come se con l’esperienza le persone trovino una modalità per compensare i loro deficit attraverso strategie di coping attivo (insieme di strategie mentali e comportamentali che sono messe in atto per fronteggiare una certa situazione). Questo fa emergere quanto sia importante quindi, per compensare i problemi cognitivi che fanno parte della sintomatologia della malattia e possono essere aggravati dai farmaci, insegnamento di strategie di coping.
Per quanto riguarda i risultati dei disturbi dell’umore, è emerso che anche qui la percentuale al di fuori della norma è maggiore rispetto alla popolazione sana sia per quello che riguarda l’ansia che la depressione. In realtà tra i malati le percentuali dell’ansia sono molto maggiori rispetto a quelli della depressione (55% vs 37%), dato che non rispecchia la letteratura. Inoltre nel campione analizzato non è emersa una relazione diretta tra chi assume interferone e depressione. In realtà non c’è l’assunzione di un medicinale che fa svettare i valori della depressione, ma questi valori sono più alti tra chi non assume medicinali o assume medicinali utili solamente per contenere i sintomi. Questo ci può indicare come la depressione possa essere proporzionale alla carenza di speranza. Assumendo farmaci che dovrebbero bloccare o rallentare il processo, ho più speranza, quindi sono meno depresso. Infatti possiamo notare che la depressione si alza vicino ad una ricaduta ed è maggiore nelle forme progressive (queste forme sono con ancora meno speranza rappresentata dalla fase di remissione delle RR).
Tornando all’ansia i valori sono alti e gli studi ad oggi sono ancora poco approfonditi. Vediamo che l’ansia può essere aumentata dai farmaci, ma è molto alta (quasi 70%) in chi non assume farmaci o assume altri medicinali sintomatologici. Qui vediamo decisamente che i valori di ansia sono molto più bassi quando ci allontaniamo dalla ricaduta. Nella forma progressiva sono maggiori i valori legati alla depressione piuttosto che all’ansia. E questo può farci pensare a quanto sia importante nell'ansia l'incertezza dovuta alla malattia, la ricaduta che non si sa dove colpisce, quanto tempo dura e se rientrarà del tutto.
Anche se sono necessari studi condotti su casistiche più ampie per ottenere conferme a questo lavoro, possiamo concludere che i disturbi dell’umore possono essere legati a lesioni e aumentate dai farmaci, ma una grossa parte è reattiva dovuta all’incertezza di questa malattia, alla sua imprevedibilità e alla difficoltà di adattamento e mancanza di speranza per il futuro. Ecco perché la terapia psicologica può essere di grande aiuto e sostegno, in particolare risulta utile la terapia cognitivo comportamentale
Abstract
La Sclerosi Multipla (SM) è una malattia cronico-degenerativa, autoimmune, ad andamento lentamente progressivo, caratterizzata dalla demielinizzazione della guaina mielinica in diverse aree del SNC. Esistono molti studi in merito a questa patologia dalle cause multifattoriali e ancora sconosciute (Cap. 1). La SM si manifesta in maniera variabile nelle persone, attraverso diverse tipologie con prognosi, decorrenza e sintomi diversi e non prevedibili (Cap. 2). I più studiati sono i sintomi fisici perché più invalidanti e manifesti, mentre troviamo meno letteratura e molto più recente per quello che riguarda i disturbi cognitivi e della sfera emotivo-affettiva che comunque hanno una prevalenza molto alta in questa malattia (Cap. 3). Questo studio cerca di comprendere se questo tipo di sintomatologia è dovuta esclusivamente alle lesioni, oppure è anche reattiva rispetto alla caratteristica della malattia cronica, degenerativa e in parte con ricadute. E’ stato somministrato online un questionario da autocompilare che si concentrasse sulla percezione soggettiva dei problemi di memoria e sui disturbi d’ansia e d’umore (App. 1). I risultati hanno evidenziato che lo stato di memoria per le persone affette da SM è soggettivamente percepito più problematico rispetto agli individui sani, situazione che può essere peggiorata dai farmaci, piuttosto che dalle ricadute, ma che negli anni si stabilizza per strategie di coping attivo (Cap. 4). L’ansia e la depressione sono maggiori vicino ad una ricaduta o nelle forme progressive, anche se il livello di base dei disturbi dell’umore (specialmente per quello che riguarda l’ansia) è molto più alto che in individui non malati. La conclusione è che questi disturbi cognitivi e dell’umore possono essere legati ai farmaci, o alle placche ma, specialmente nei disturbi dell’umore, c’è una grossa parte reattiva dovuta alla non possibilità di adattamento, alle continue modificazioni di abitudini e comportamenti, all’incertezza e all’imprevedibilità della comparsa dei sintomi ed è correlata alle ricadute. E in questo la terapia psicologica e la strutturazione del coping possono essere di grande aiuto.