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Antonella Napoli
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Aspen alcune riflessioni (Eduardo H. Grecco)

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Riprendiamo la descrizione approfondita degli ultimi 19 rimedi del repertorio di Bach. Sempre con le parole del dr. Grecco con brani che lui ha pubblicato sul suo profilo Facebook ed io ho raccolto e tradotto. Stimoli e spunti per approfondire, riflettere e scoprire aspetti di questa essenza.

Quello che è emerso l'ho diviso in varie parti, cercando di darne un titolo che ne riassumesse il contenuto. Cliccando sul titolo potete andare a leggere direttamente la parte di vostro interesse, oppure leggere tutto l'articolo scorrendolo di seguito. Buona lettura! Antonella Napoli

Riflessioni su Aspen

                     

Il ruolo della sintonia materna nello sviluppo delle emozioni legate ad ASPEN.

 
Tra i mesi di marzo e aprile del 1935 Bach preparò ASPEN. Questo albero inizia a fiorire all'inizio della primavera e, Nora Weeks, colloca la sua scoperta dopo CHERRY PLUM, che Bach scoprì nel marzo di quell'anno. Julian Barnard sottolinea che "Questo pioppo trema. Anche in quei giorni in cui soffia solo una leggera brezza, le sue foglie possono tremare, come se una paura segreta si impossessasse dell'albero. Perché? Uno dei motivi potrebbe essere la forma appiattita degli steli delle foglie. La tradizione cristiana, d'altra parte, ci dice che la croce di Cristo è stata scolpita nel legno di questo albero, e che è per questo fatto che l'albero trema di angoscia a tale ricordo. Secondo Bach, l'albero ci parla della sua stessa natura e ci mostra l'immagine di una paura sconosciuta o nascosta". Tuttavia, è possibile aggiungere al commento precedente che ASPEN è un modello di comportamento che richiama un'esperienza traumatica personale, legata alla paura dell'annientamento, prodotto, in parte, della mancanza di armonia materna, nei primi tempi di vita.

 Il bambino ha bisogno di sua madre per tutto. Da solo può solo respirare. E tutto ciò di cui ha bisogno lo chiede, all'inizio, attraverso il pianto. Il pianto diventa quindi un codice di comunicazione tra madre e figlio. Le risposte tempestive e appropriate della madre riescono a consolidare un efficace sistema di interazione tra lei e il bambino. Questo processo è chiamato sintonizzazione e il suo supporto materiale è l'attività dei neuroni specchio. Ma, se la madre non risponde correttamente in modo sistematico, il bambino smette di piangere, di chiedere e si isola, dietro un muro, per difendersi dalla paura dell'annientamento che lo circonda. Ciò si traduce nella costruzione di una certa limitazione alla capacità di generare la parola. Il trauma vissuto dal bambino, di fronte a questa dolorosa circostanza, fa sentire la voce, ma limita la parola e, quindi, limita la successiva capacità del bambino di modulare l'impatto della percezione minacciosa, attraverso la verbalizzazione. E, inoltre, da questo momento l'ignoto è identificato come pericoloso. Eccoci nel cuore di ASPEN: mancano le parole per dare un nome all'ignoto che minaccia e sembra essere in agguato sulla soglia.

Aspen e Rock Rose: , l'annientamento di fronte all'ignoto e l'annientamento dell'identità

 
La mia adolescenza è stata un rifugio di lettura. E, tra i libri preferiti, erano frequenti le mie letture alle opere di Howard Phillips Lovecraft e Edgar Allan Poe. È vero che, in quel periodo della vita, la natura psichica tende naturalmente all'escatologico, ma ciò nonostante l'esperienza che questi scrittori hanno generato in me, possedeva un realismo, a quel tempo, così concreto da aprire la mia mente verso percorsi singolari. I testi di Lovecraft e Poe non si sono ridotti, per me, a una riflessione filosofica o metafisica, né a un'esplorazione nelle profondità della psiche. Al contrario, erano fatti. Oggi, quando mi siedo a scrivere di ASPEN, non posso fare a meno di ricordare le volte in cui, di fronte a un paziente avvolto in quell'esperienza, mi risuonavano in testa frasi di un autore o di un altro. Ne cito uno: "L'emozione più antica e più intensa dell'umanità è la paura, e la più antica e intensa delle paure è la paura dell'ignoto" (H.P. Lovecraft). Dalla stessa penna ce n'è un'altra che ci avvicina a ROCK ROSE: "Né la morte, né la fatalità, né l'ansia, possono produrre l'insopportabile disperazione che deriva dalla perdita della propria identità".

In entrambi i casi, l'annientamento di fronte all'ignoto e l'annientamento dell'identità, quel tratto che media tra ASPEN e ROCK ROSE, non sono eventi regolari e continuativi. Ma, pur essendo fenomeni isolati, che si verificano al di là dell'esperienza abituale, essi continuano a mettere a nudo un aspetto essenziale dell'esperienza umana. In un mondo desacralizzato, ammettere queste paure come particelle dell'esistenza, significa tornare non solo a vedere la bellezza di un'esperienza spaventosa ma, in aggiunta, la magia che si nasconde nelle sue pieghe. Che c'è un mondo infinito al di fuori del nostro controllo. Che anche l'ignoto e l'inevitabile fanno parte di ciò che siamo.
  
La clinica insegna che l'ansia ASPEN si rivela come quell'esperienza esistenziale di fronte alla quale sboccia l’angoscia, in mezzo a un'atmosfera di preoccupazione, inquietudine, oppressione e tremore. Il soggetto sente che la sua esistenza sta per naufragare e sprofondare nell'abisso del "nulla" (il che spiegherebbe la sensazione della fine del mondo che appare nel quadro ASPEN).
 
Questa emozione di angoscia, denuncia che il timore che sta attraversando e si pone alla coscienza della persona, è la paura di smettere di essere, come una sorta di ossessione metafisica, ma diverso dal timore dell'annientamento ROCK ROSE. Questa ossessione indica che la verità e la consistenza di questa persona sono in discussione, bloccate e limitate nella sua energia di realizzazione spirituale e attraverso lo svelamento di ciò che è bloccato che saranno in grado di orientarsi verso il loro vero essere.

L'esperienza ASPEN nasconde, allora, un desiderio profondo di recupero e realizzazione. Questa esperienza nell’uomo si installa prima nella coscienza della sua disperazione e l'angoscia che questo comporta, rivelatrice del sentimento della nostra finitezza, ma promuove l'aspirazione a individuarci e compiere autenticamente la traiettoria della nostra evoluzione, del piano dell'Anima per questa incarnazione.

Il dilemma tra ignoranza e conoscenza: le conseguenze della scoperta

 
I giorni attendono le notti. Sperano di lasciarsi alle spalle tanta luce e di avvolgersi nelle carezze dell'oscurità. La Coscienza, come il giorno con la notte, anela ad avvolgersi nel ventre dell'Ombra. Veniamo dall'acqua e dall'oscurità, l'atmosfera della gestazione, dove viviamo un momento fondamentale della vita. Quella memoria è presente in ognuno di noi. L'oscurità è nella nostra natura. Allo stesso modo, la nostra origine affonda le sue radici nell'ignoto. Adamo ed Eva vivevano nel Paradiso dell'ignoranza. Hanno scelto di sapere e quello è stato il loro peccato. Siano benedetti!

ASPEN ci pone di fronte allo stesso dilemma dei nostri antenati biblici: ignorare o conoscere. Non è l'ignoto che ci terrorizza, ma le conseguenze della scoperta della sua esistenza: dover prendere in mano noi stessi. Quando crediamo che solo Dio può perdonarci, "colpa divina", e in questo modo vogliamo evitare di assumerci la responsabilità delle nostre azioni, ASPEN ci porta a "mangiare la mela" con piena consapevolezza delle conseguenze delle nostre decisioni. Il nostro bambino è quello che soffre per il senso di colpa, il nostro adulto è responsabile delle sue opere, dei suoi amori e dei suoi cuori spezzati.

Rock Rose, Mimulus, Cherry Plum, Red Chestnut e Aspen


Non sono un grande sostenitore dei templi, né credo che Dio dimori nelle chiese. In ogni caso, poco importa se cammina tra atri o cappelle o si siede al tavolo di un bar per guardare perplesso il mondo che ha creato. Sono stato irriverente e credo di esserlo ancora e non immagino che Lui si preoccupi del mio atteggiamento impertinente. Penso addirittura che gli piaccia confrontarsi con tante cose che sembrano fatte molto male, qui sul pianeta Terra. A prima vista tutto sembra essere l'esperienza di qualcuno che ha imparato a modellare l'argilla e, naturalmente, le prime volte sono solitamente dei fallimenti.

Portiamo quindi il peso dell'inesperienza. Ma, a pensarci bene, è possibile notare che in questo guazzabuglio c'è un certo ordine e non si tratta di una mancanza di abilità. C'è un significato in tutto ciò che accade. Perfetti non saremmo liberi. Ma questa non è la cosa più tragica di una creazione ideale. È qualcosa di ancora più deplorevole: la noia fatale. ROCK ROSE ci apre all'inaspettato. Nessun ordine del giorno o strutture persistenti, scaccia il terrore dell'imprevisto. MIMULUS, invece, ci libera dalla percezione di annegare all'interno di ciò che ha forma. Sentire che ciò che è definibile, l'impegno, il mettersi in gioco, ci toglie la libertà. CHERRY PLUM è la chiave per non vivere schiavi della paura di perdere la sicurezza della ragione. RED CHESTNUT, ci impedisce di rimanere invischiati negli intrecci emotivi degli altri. E qui, arriviamo ad ASPEN. Questa essenza rende l'inevitabile e l'ignoto un dono e non un motivo di paura. Dà la capacità di capire quanto sia noioso e soporifero ciò che è prevedibile.

Aspen come stato senza parole né definizioni: la paura primordiale


Da diverse prospettive floreali, si insiste sul fatto che una caratteristica fondamentale di ASPEN è il coraggio, la fiducia e il coraggio di affrontare l'ignoto. Ciò ha un senso, dal momento che la persona, prigioniera di questo stato emotivo, è dominata da una paura vaga e incerta di qualcosa, che non osa nominare o non può nemmeno definire. "Qualcosa" allo stesso tempo innominabile, sconosciuto e inevitabile.
 
Questa paura (che più assomiglia a uno stato d’ansia) ha come tratti identificativi, il fatto di essere un'esperienza che non può essere catturata dai cinque sensi, dato che la sua presentazione trascende tutte le forme consuete di percezione e registrazione cosciente e che, d'altra parte, soffre, per effetto della sua stessa natura,  dell’impossibilità di essere tradotta in parole. Allo stesso tempo, la sua origine affonda le sue radici in tempi molto arcaici della psiche e della storia della persona.

Dal punto di vista dell'esperienza personale, l’emozione ASPEN si rivela al soggetto sotto la manifestazione di una paura indeterminata, indefinita, inconoscibile, inspiegabile e forzosa. Quest'ultimo aspetto, in un certo senso, indica la sensazione soggettiva che qualcosa dell'ordine del destino tragico sia stato qui compromesso e legato all'ansia che si prova, prima di un amore escatologico. Come sottolinea Rollo May, "l'ansia è l'esperienza della minaccia imminente di non essere".
 
Le paure dell'ASPEN, come abbiamo già sottolineato, sono legate alle esperienze della prima infanzia (nascita e primo anno di vita) e ai momenti prenatali. Tutti sono di tale grandezza e intensità e accadono in un momento in cui la psiche non ha l'apparato sufficiente per processarli ed elaborarli e il risultato è che rimangono come tracce prive di linguaggio e rappresentazione. Questo costituisce il punto di differenziazione con MIMULUS, poiché troviamo qui una paura che non può essere definita, perché ciò che porta come contenuto proviene da un'epoca in cui mancava la parola, mentre il periodo di organizzazione delle paure MIMULUS corrisponde a epoche successive e verbali.

Di fronte a queste circostanze, quella di una presenza sentita ma impossibile da nominare, la psiche procede seguendo il principio dinamico secondo cui ciò di cui non si può parlare o nominare deve essere messo a tacere. Silenzi che si popolano di esperienze infauste e sinistre. Pertanto, l'emergere di uno stato ASPEN indica il ritorno di ciò che è stato messo a tacere nella nostra vita. Da questo deriva, sicuramente, l'impressione che le persone hanno quando attraversano tempi ASPEN dell'esistenza, nella loro storia personale o familiare, di segreti abissali.

Quando l'emozione ASPEN si riaccende nella vita presente, il processo avviene in due modi. Il primo, un evento o una presenza, innesca il ricordo inconscio di tracce del passato primordiale, che ora risorge come emozione. Il secondo è un meccanismo un po' più complesso, legato alla soglia dell'informazione percettiva.
 
Tutti gli esseri umani sono sottoposti ad un bombardamento di stimoli straordinari, dei quali noi registriamo nella nostra coscienza, attraverso la funzione attenzionale, solo una piccolissima parte. Questo fa sì che sia possibile seguire la nostra attività quotidiana e che non ci perdiamo con una tale sovrabbondanza di informazioni. La maggior parte di questi pacchetti sensoriali navigano verso e attraverso l'inconscio e raramente ne veniamo a conoscenza. Ma, a volte, generano tensioni e ansie che crescono di intensità e il corpo ha bisogno di liberarsene, poiché le vive come qualcosa di pericoloso e capace di mettere a rischio la sua integrità.

La pressione viene poi alleviata proiettandola nel mondo esterno, in modo che, per dirla metaforicamente, i fantasmi che l'ASPEN teme all'esterno sono i suoi demoni interiori collocati nel mondo esterno. Questo meccanismo proiettivo, di cui stiamo parlando, implica l'esistenza di una condizione iniziale consistente nel fatto che ciò che si deposita qui all'esterno è una mancanza, un buco, una mancanza di possibilità rappresentativa che appare come un nucleo incapsulato in ogni essere umano. Per questo motivo, il carattere quasi allucinatorio delle premonizioni di ASPEN.
Aspen: guida alla fiducia e al coraggio nell'affrontare l'ignoto

ASPEN insegna ad affrontare la paura e a non permettere che questa emozione blocchi e fermi il nostro movimento e il progresso nella vita, ci nutre della fiducia e del coraggio necessari per agire anche quando sentiamo circolare nelle nostre ossa la sua corrente fredda e umida. Aiuta a infondere nel nostro Io abbastanza coraggio per non essere spaventati o preoccupati di fronte all'ignoto, per accettare questa esperienza come parte delle prove della vita e per affrontarla senza che possa paralizzarci. Ci aiuta, in breve, a integrare la paura nella nostra personalità come componente attiva della nostra vita con l'intenzione di prepararci affinché, quando viene a galla, non ci immobilizziamo, dal terrore, per la sua presenza.

Alcuni autori citano che la struttura della paura ASPEN è quella di un'ansia vaga, incerta e generalizzata, che è connessa a certe realtà che non possono essere misurate dai sensi, come la morte, o a quelle parti inconsce e archetipiche che non possono essere colte come tali alla coscienza. Anche se questo è, in parte, vero, credo che sia necessario sottolineare, in relazione a questa esperienza, il suo carattere di impossibilità di essere definita, con parole e/o concetti, quello che si teme.

Hegel diceva "Che là dove c'è il concetto, non c'è la cosa" e qui, appunto, si tratta della situazione opposta: nella paura ASPEN c'è la "cosa" (l'inconscio a “fiori di pelle”) e, quindi, il concetto è inammissibile e, quindi, il sentire ASPEN non può essere definito. In una certa misura, questa esperienza ASPEN collega la coscienza con la presenza della dimensione del sacro nel quotidiano, che nella sua manifestazione assomiglia al modo in cui si esprime il salto del mondo archetipico, dall'ombra, nella vita degli uomini. Quando l'archetipo emerge, lo fa sotto forma di ciò che sorprende nella sua apparizione, qualcosa di inquietante che scuote e che scaturisce come un germoglio segregato che non può essere integrato al divenire della coscienza. E anche questo è tipico dell'esperienza ASPEN.
  
L'anima di ASPEN è legata alla fiducia e al coraggio che permette alla persona di affrontare l'ignoto ma anche di cercarlo per ampliare gli orizzonti della propria esistenza. Ciò che non è conosciuto include la nostra ombra e la nostra anima e tutto ciò che in esse abita come possibilità di diventare.
La fiducia ci aiuta a riposare in noi stessi, a imparare a credere nella vita e nelle persone, ad essere sicuri di ciò che il domani ha in serbo per noi, a rispondere con integrità di fronte alle avversità e, soprattutto, a non aver paura di indagare l'inesplorato e il velato. La fiducia ci manca quando siamo intrappolati tra la soglia del mondo della personalità e il mondo dell'anima, ci sentiamo persi, inquieti ed agitati per lo shock che ci provoca affrontare il passaggio verso un universo percepito come sacro e inquietante e sul quale, l’Io non esercita alcun controllo. In questo modo, la fiducia ci dà il coraggio di andare avanti nella vita, di correre i rischi di qualsiasi esplorazione dell'ignoto e di lasciarci guidare dal nostro senso interiore di ciò che è giusto, anche se seguirlo inizialmente rappresenta un'ansia.

La fiducia è il passo che ci conduce allo stato di grazia, alla certezza della speranza realizzata, al ritorno all'unione della personalità e dell'anima che, separate dall'ignoranza, vengono raccolte e riunite dalla sapienza. Per questo, l'esperienza di una "disgrazia imminente", che appare nel ASPEN, delinea l'esistenza di una frattura tra le due istanze che compongono l'uomo, tra il naturale e il soprannaturale, tra il conosciuto e lo sconosciuto, tra l'ombra e la coscienza, che riempie l'Io di angoscia. E così, quando la soddisfazione e la grazia invadono le nostre vite, l'ansia ASPEN scompare, e non possiamo temere nulla e non possiamo desiderare nulla.

Il futuro come fonte di ansia: Aspen, Impatiens, Clematis e Vervain


 
Vale la pena approfondire il carattere dell'ansia ASPEN, di cui abbiamo parlato, poiché ci permette di entrare in alcuni argomenti importanti per comprendere le dinamiche di questa essenza.

 
Il segno più indicativo dell'ansia è la sua direzione verso il futuro: la sua paura del domani. Sia nella malinconia che nella nostalgia accade il contrario: è il passato che conta. Nell'ansia capita di essere intrappolati in uno stato di allerta come se dal futuro arrivasse una fonte inesauribile di pericoli, scosse, catastrofi e mali che non possono essere prevenuti.
 
Il tema del futuro lega ASPEN con IMPATIENS con la differenza che, in quest’ultimo, l'esperienza da temere è che il futuro non sarà abbastanza, sarà insufficiente per tutto ciò che vuole intraprendere. D'altra parte, è anche correlato a CLEMATIS e VERVAIN. Il primo vive passivamente e fugge verso un futuro immaginario dove si può ricreare un passato perduto. L'altro è orientato, in modo costruttivo e attivo, verso il futuro che già sta accadendo mentre lo si sogna. La condizione di allerta ASPEN si esprime corporalmente nella dilatazione delle narici, nei piedi irrequieti e in movimento, nei tendini tesi, nelle vene prominenti, nel sistema nervoso sovraeccitato.

 
In questo punto (lo stato di allerta) la struttura ASPEN si riveste di tre caratteristiche essenziali. La prima è il peggioramento immaginario dell'esistenza che consiste nell'ansia ASPEN che genera un'intera costellazione di sentimenti restrittivi e pessimisti che inondano il proprio mondo come un incubo ossessivo. La seconda, l'attesa stessa del pericolo che riunisce nello stesso quadro l’inquietudine, l'apprensione, la perplessità, il dubbio, lo scoraggiamento, la paura e i presentimenti fatalistici. C'è anche una relazione particolare con il tempo: la paura del passato (appare come colpa e rimorso), la paura del presente (che si esprime come dubbio) e la paura del futuro (minacce, premonizioni). Questo spiega la frequente presenza di emozioni PINE e CERATO nello stato ASPEN. Infine, la terza caratteristica, la disorganizzazione delle sue prospettive a causa della perdita della capacità di analisi. Con questo si collega l'oscura sollecitudine che fa sì che la stessa cosa che teme lo attragga, in modo da trovarsi in una terribile situazione che lo affascina e dalla quale sembra non voler uscire e che, molte volte, si svela nascosta come sintomo di vertigine.

 La diffidenza che prevale nella loro vita li rende inclini ad essere consapevoli dei "segni dei tempi" come segni che preannunciano eventi apocalittici, ma li motiva anche a sviluppare, a volte, uno spirito combattivo molto accresciuto e un forte senso di lungimiranza che si può trovare come tratto di un ASPEN in aspetto positivo.

Aspen: Risvegliare il coraggio e svelare il mistero della vita


 
La paura ASPEN, vaga e imminente, che a volte ci portiamo dentro, senza nemmeno sapere chiaramente che la sentiamo, è una paura immensamente restrittiva e limitante, poiché, non conoscendone l'energia e non considerandola come una forza stimolante nella nostra vita, agisce in essa come un blocco del suo libero sviluppo.

 
Il Dr. Edward Bach ha spiegato che l'aspetto positivo dell'ASPEN risiede nella capacità di questo rimedio di risvegliare il coraggio che deriva dal sapere che il potere dell'amore è la sostanza che compone ogni particella dell'esistenza. Ma, credo sia importante aggiungere che questo rimedio elimina gli aspetti illusori e immaginari che circondano la nostra coscienza distorcendo la percezione, che ci aiuta a renderci conto che il soprannaturale fa parte della natura, che non c'è nulla di più naturale dei miracoli, che la vita è un continuo canto miracoloso, e che, infine, apre il soggetto alla dimensione del "mistero" che,  quando viene persa, è la causa della noia, del tedio e della depressione e, come sottolinea Thomas Moore, la causa principale delle rotture amorose.

 
Su un altro piano, la virtù ASPEN pone l'uomo di fronte alla prospettiva di realizzare le sue potenzialità, così come la negazione e la rinuncia per realizzarle afferma la colpa PINE. In questo modo si allarga l'orizzonte attorno a questa essenza che, al di là degli usi abituali, ci viene offerta come magnifico curatore dei blocchi, che la paura e l'insicurezza hanno consolidato come muri, sulle nostre pienezza e talenti.
Aspen: Apertura verso altre realtà

   
Edward Bach in una lettera ai suoi colleghi del 1° luglio 1935 sottolinea quanto segue: “... Ci sono anche quelle paure vaghe e sconosciute che sono più terrificanti di quelle delle cose materiali; e non c'è dubbio che in tutti noi che ci sforziamo di fare un po' di bene nel nostro viaggio attraverso il mondo, queste paure sconosciute sono più comuni".
 
Questo commento di Bach illustra la direzione in cui egli immaginava ASPEN: una paura che può sorgere e aumentare mentre si percorre il sentiero dell'evoluzione e del contatto con la dimensione spirituale del servizio. Ed è significativo, perché ricolloca alcune questioni legate al tema dell'ignoto nella nostra vita, non come qualcosa di negativo ma come ciò che dà slancio al voler conoscere.

 
D'altra parte, sembra che Bach stia cercando di dire che quando si entra in contatto con le energie dell'Anima, le paure di ASPEN possono essere un evento naturale, che più spirituali sono le esperienze di ASPEN che possono verificarsi. Questo ha una certa logica basata sulla considerazione che ASPEN sperimenta, "... Ricevono facilmente sensazioni da altri piani di realtà. Tuttavia, queste sensazioni sono percepite a livello inconscio e spesso producono sentimenti di paura o presentimento. L'essenza floreale di Aspen calma e domina il corpo astrale, in modo che l'ego spirituale possa raggiungere una maggiore forza e consapevolezza. (...) e bilancia l'uso delle forze dell'anima" (Richard Katz e Patricia Kaminski).

 
In una certa misura potremmo dire che così come ASPEN ci libera dall’inquietudine che nasce dalle sensazioni che provengono da "altre realtà" e che la nostra coscienza non può assimilare, apre anche le porte della comunicazione con quelle "altre realtà".

ASPEN paure mentali e dolori dell'anima

 

Nel settembre del 1935 Bach commenta che: "... specialmente ASPEN per le paure mentali". E, nell'ottobre di quello stesso anno, dice: "Per proteggerci da tutte le paure imprecise, inspiegabili".
 
Queste osservazioni ci danno una comparazione con MIMULUS, che si basa più su paure fisiche e definibili. Allo stesso tempo, chiariscono, con l'inserimento di altri testi, che Bach, uomo del suo tempo, sostiene la teoria, molto in voga ai suoi tempi, dei due dolori e delle due paure.

 
Ad esempio, il 21 maggio 1936, Bach dice: "Tutta la vera conoscenza viene solo dal nostro interiore, in comunicazione silenziosa con la nostra Anima". L'anno precedente, in una lettera sosteneva: "Certamente, la conoscenza, la verità, rimuoverebbero ogni paura dalle nostre menti, tuttavia, questo può far parte del Piano Divino per dimostrare a noi stessi che siamo grandi combattenti, nonostante la nostra paura; e scoprirlo è per l'umanità il modo per vedere la Luce, e per rimuovere il peso della paura”.

 
Il 18 luglio 1935 commentò: "Nella vita ci sono due tipi di dolore: il dolore fisico e il dolore mentale e dei due il dolore mentale è il più penoso. Ci sono persone che attraversano la vita senza viverla in alcun modo; come quel fabbro di Norflok, con un dito del piede storto, che una mattina, nel bel mezzo del suo lavoro e circondato da altri compagni, si tolse lo stivale, prese il martello e uno scalpello, si tagliò il dito, applicò un pezzo di ferro rovente per fermare l'emorragia e continuò il suo lavoro. (...) Questo tipo di persone, naturalmente, non viene a trovarci. Poi ci sono quelli che soffrono dolori fisici. Ci sono molti che soffrono per il corpo e pochi o nessuno che ha pensieri di angoscia. (...) Ora veniamo a una terza classe, quelli che hanno bisogno del nostro aiuto, se possibile, più di quelli che soffrono di dolori corporali". (Questo testo è incompiuto in Bach)

 
Se proviamo a fare una sintesi complessiva di queste ultime citazioni, possiamo dedurre che:
 
a) che la conoscenza, la verità, elimina le paure,
 
b) che la vera conoscenza proviene dall’interno dal contatto con l'Anima,
 
c) che la presenza della paura nella nostra vita ha un significato che fa parte del Piano Divino e che nel concreto sviluppa la nostra capacità di lotta (archetipo del guerriero),
 
d) che i dolori e le paure mentali hanno bisogno di più aiuto di quelli sofferte nel corpo, e
 
e) che le paure che poggiano sul mentale sono più ASPEN.
 
 
Nelle conferenze di Wallingford del 24 settembre 1936, esattamente nel giorno del suo 50° compleanno, che avevano come titolo originale Letture massoniche, parlando di paure, Bach dice: "Il terzo tipo di paura è la paura di fronte a vaghe e innumerevoli cose che non possono essere spiegate. Come se stesse per succedere qualcosa di terribile, senza avere un'idea chiara di cosa possa essere. Tutte queste paure che non hanno una ragione chiara, eppure sono molto reali e inquietanti per l'individuo, richiedono il rimedio ASPEN che viene estratto dal Pioppo tremulo. Il sollievo che offre a molte persone è davvero meraviglioso".

 
Infine, nell'edizione del 1936 de I Dodici guaritori e altri rimedi: "Paure vaghe e sconosciute per le quali non c'è spiegazione o ragione. Sebbene il paziente sia terrorizzato dalla sensazione che qualcosa di terribile stia per accadere, non riesce a individuare di cosa si tratti. Queste paure sottili e inspiegabili possono assalire notte e giorno e coloro che le sperimentano hanno spesso paura di dire agli altri le loro preoccupazioni".

 
Da queste ultime due citazioni del 1936 vado a salvare tre punti. Il primo, che il fatto che siano incerte, vaghe e inspiegabili non significa che nella considerazione soggettiva della persona le paure ASPEN non siano reali. Questa idea allude al concetto di realtà psichica, coniato da Sigmund Freud, che ci permette di comprendere il fatto che solo perché qualcosa non è efficace, operativo e materiale non significa che non abbia senso e sia meno reale di ciò che le mie mani possono stringere o i miei occhi vedere. Alla fine ciò che conta non sono i fatti, ma come vengono vissuti da ogni persona.

 
Il secondo, la natura inquietante di questa esperienza. Nell'esperienza ASPEN succedono diverse cose: la persona sente che l'ordine esistente nella sua vita, che gli forniva sicurezza e fiducia, è stato distrutto, che i ritmi regolari dei processi in cui era impegnato sono stati alterati e che, alla fine, ha perso la sua forza di volontà. Quest'ultima cosa può essere tradotta come la cessazione di avere un atteggiamento equilibrato, sensato e sicuro quando si pensa, si parla e si agisce.

 
Il terzo si riferisce alla prevalenza dell'orientamento introverso manifestato da ASPEN che preferisce tacere le sue preoccupazioni e i suoi dolori senza condividerli con gli altri con cui vive o si relaziona.


Aspen: timore e tremore dall’amore al sacro

 

È interessante ciò che la clinica insegna su ASPEN e sui sentimenti religiosi. CLEMATIS incoraggia il misticismo e l'estasi o ne corregge l'eccesso, GENTIAN la religiosità, con un certo tocco di romanticismo, VERVAIN coltiva il fervore apostolico o l'eterodossia, mentre ROCK WATER si dedica a difendere, con la stessa rigidità, l'ortodossia o l'eresia ma ASPEN, quell'essenza che ci porta a viaggiare dalla coscienza all'ombra e dall'ombra alla coscienza,  occupa lo spazio del raccoglimento timoroso, l'esperienza della paura e del tremore di Dio. "Paura e tremore", una frase cara a San Paolo, che la usa in almeno due occasioni, e che esprime la riverenza dell'umano di fronte al divino. Un'esperienza che lascia la persona senza parole, muta di fronte al trascendente e che, d'altra parte, affonda la personalità di ciascuno nelle braccia della fede come risorsa non di convinzione, ma di sopravvivenza.

 
Sören Kierkegaard ha scritto un libro, che ho letto con difficoltà all'università, il cui titolo è appunto "Timore e tremore". Un testo che, sebbene sia, in parte, una conseguenza del rifiuto dell'autore alla dialettica hegeliana, è anche il risultato di una dolorosa esperienza personale, il suo amore infelice e burrascoso per Regina Olsen. Così, non è solo di fronte al divino che si risvegliano "timore e tremore"; anche l'amore e il mancanza di amore li coniugano. Una singolare convergenza – amore e sacro – che si produce sotto la tutela della presenza di una forza recondita, dalla quale è impossibile sfuggire, e che trema.

 Questa prospettiva, che allude ad ASPEN, e che sto mostrando per farci riflettere, ha più senso nello sguardo di Carl G. Jung. Il sacro, per lui, si veste del carattere di un'azione ambivalente, efficace e totalizzante, in cui la luce e l'oscurità si abbracciano. Il sacro, come l'amore, dimora nell'ombra, in attesa di scrutare nella coscienza, pretendendo di essere riconosciuto e integrato come parte della vita. Sia l'amore che il sacro sono concetti limite che alludono a realtà trascendenti e che risvegliano il contatto della persona con la dimensione dell'"ignoto indefinibile ", tipica di ASPEN.

Così, ASPEN non sempre testimonia una paura o un tremore, un’impotenza dell'esistenza di fronte all'ignoto ed escluso, ma un segno di quanto siamo vicini a tuffarci nelle miserie dell'amore, del divino, del divino amore o dell'amore per il divino. Vale la pena, qui, ricordare due insegnamenti di William Blake. Uno: "Se le porte della percezione fossero sgomberate, tutto apparirebbe all'uomo così com'è: infinito". Un altro: "Tutto ciò che può essere creduto è un'immagine della verità". Entrambe le frasi sono rilevanti per mostrare un volto dimenticato dell'azione dell'ASPEN: purifica la nostra percezione rendendola più chiara e più aperta alle realtà immateriali e sottolinea l'esistenza di un universo di verità che i nostri sensi carnali non possono registrare nella coscienza.


Conclusioni: ASPEN e il mistero della vita


 
Siamo arrivati fin qui ripercorrendo gli intrecci dell'esperienza ASPEN. Spero che sia stato un viaggio nutriente. La mia speranza è che basti a risvegliare le inquietudini per immergersi nella sua natura e amplificare il modo di concepire questo rimedio. Gli orizzonti mentali sono curiosi e vediamo, molte volte, come man mano che cresciamo nella conoscenza queste stesse risorse diventino limiti. Quindi, ciò che è coerente è appropriarsi di ciò che la clinica insegna sui rimedi floreali e mettere costantemente in discussione le nostre prospettive su di essi. In un certo senso, la clinica è un atto d'amore e l'amore implica disponibilità, desiderio, intimità e permanenza.

ASPEN, tocca il cuore del mistero dell'amore, tocca il mistero del sacro, tocca il mistero dell'ombra, tocca il mistero. Ci mostra la divinità umana come un mistero terribile e affascinante che si esprime sotto forma di impossibile da esprimere a parole. Curiosità clinica: ASPEN ci permette di dire ciò per cui non siamo riusciti a trovare parole. Questa possibilità prescrittiva, che implica il suo uso nelle difficoltà dei bambini nell'iniziare a parlare, è legata ad altre singolari percorsi. La voce è una funzione materna mentre la parola è più supportata da quella paterna. Poter parlare è come dare posto al padre nell'esistenza, aprirsi al mondo, così come dare posto alla madre è aprirsi alla vita.

 
C'è un gioco di implicazioni che mi disturbano sempre e che intrecciano voce, madre, sacro, ombra e ASPEN. Ognuno di noi è ciò che ha imparato dalla mamma. E noi dobbiamo essere fedeli a questo apprendimento, sia nell'abbondanza che nell’avversità. È come se avessimo fatto un giuramento che dimora nell'ombra: essere come nostra madre ci ha modellato. Il patto che acquisiamo con il Complesso Materno diventa, per sua stessa natura, fedeltà a una causa che comporta la condanna a praticare un voto di fedeltà ai suoi mandati. Un obbligo che, in parte, è un'imposizione e, allo stesso tempo, un'offerta e un omaggio. Infrangerlo è commettere, nell'esperienza interiore, un sacrilegio, perché spergiurare il Complesso materno, o i suoi comandamenti, è simile a peccare contro Dio. Il Complesso Materno è un credo che non possiamo mettere in discussione, Dio è la Madre. L'esperienza ASPEN denuncia il conflitto che si drammatizza in una persona quando percepisce che per crescere e diventare una "persona", per essere un adulto, è necessario rompere quel credo.

Così, quando il sentimento ASPEN emerge ad un certo punto della nostra storia, potrebbe anche narrare questo scontro tra forze antagoniste. Abbiamo scritto nella nostra memoria ancestrale che scegliere di conoscere - come hanno fatto Eva o Edipo - comporta conseguenze spaventose. La cosa peggiore di tutte, perdere il paradiso materno, nascere. ASPEN è l'emozione che testimonia la vicinanza di un inizio.
 
Questa è la fine del mio intervento su ASPEN.
Eduardo Grecco
Scritti tratti da https://www.facebook.com/eduardohoracio.grecco   7/2018
Liberamente tradotto da Antonella Napoli - Le parti in neretto, i titoli e la formattazione e le immagini non sono dell'autore, ma le ho inserite per una più veloce e scorrevole lettura


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La floriterapia non è una terapia medica, non costituisce diagnosi e cura medica e non la sostituisce in alcun modo. Le essenze floreali non sono farmaci e non hanno alcun effetto biochimico sull'organismo, ma agiscono solo sugli stati d'animo a livello emozionale in quanto non contengono particelle attive. Tutti gli esperimenti di autocura, interruzione o di riduzione arbitraria del dosaggio di farmaci prescritti, condotti al di fuori del controllo medico, ricadono esclusivamente sotto la responsabilità di chi li effettua.
Dr.ssa Antonella Napoli, Psicologa e floriterapeuta, P.I. 001355428886 Iscrizione OPL 16607
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